Il segreto del gelato
Quattro
componenti sono alla base del gelato: la
neve -
lo zucchero - il limone
- il sale tutte e quattro
fin dal lontano passato abbondantemente presenti nell’isola di Sicilia.
Intorno al IX secolo gli arabi di Sicilia scoprono il
“segreto” del gelato; che era celato
nell’effetto “endotermico” del sale sul ghiaccio: la combinazione dei due
elementi causava un abbassamento ulteriore di temperatura di 5-6° che
consentiva di congelare il liquido che veniva in contatto con i due elementi.
Bastava porre al suo interno la preparazione di sciroppo acqua, succo di
limone e zucchero, ed il prodigio si realizzava; come tecnicamente, ora
vedremo.
Intanto va detto che già in tempi più antichi – a
partire dagli Assiro-Babilonesi, agli Egizi, poi ai greci ed ai Romani – la
neve era stata utilizzata direttamente per raffreddare cibi e bevande: ma
nessuno era riuscito a realizzare quel dolce freddo , che oggi tutti conosciamo
come gelato, sorbetto, semifreddo etc.
Ma veniamo alla realizzazione tecnica: che dagli arabi
e fino all’avvento dei frigoriferi è stato sempre la stessa – per oltre mille
anni!
Il succo di limone – ma in seguito si aggiunse il
latte di mandorla, o l’estratto di tanti dolci frutti di Sicilia – con la
giusta quantità di zucchero di canna allungato con acqua veniva posto in un
recipiente metallico di forma cilindrica di non più di 5/6 litri chiuso da
coperchio a tenuta stagna sormontato da un maniglione. Il cilindro andava a sua volta introdotto al
centro di un grosso mastello, per lo più di legno, largo una ventina di
centimetri in più del cilindro ed alto fino alla base del maniglione.
Completava l’attrezzatura un lungo cucchiaio in rame che dal lato opposto
terminava appiattito a forma di raschino.
Ed ecco venire il turno del ghiaccio, estratto dalle
neviere: spezzettato in frammenti di 30-40 grammi veniva steso
sul fondo del mastello per uno spessore di circa 10 cm ; e quindi irrorato
abbondantemente di sale. Vi si poneva sopra il cilindro (detto anche pozzetto)
e nelle intercapedini tra questo ed il mastello si aggiungeva altro ghiaccio
spezzettato, ovviamente assieme ad altro sale.
Adesso veniva la fase di congelamento del liquido,
facendo ruotare su se stesso il pozzetto, utilizzando il maniglione . A tratti
ci si fermava, si apriva il coperchio e con l’estremità del cucchiaio, dal lato
del raschino, si staccava lo strato di miscela che si andava congelando sulle
pareti mescolandola alla massa liquida che così accelerava ancor più il
processo di raffreddamento.
Si richiudeva e si ricominciava la rotazione. Così per
varie volte fino al completo congelamento della massa liquorosa. Dopo circa
un’ora era pronto un pastoso sorbetto, una densa granita o un soffice gelato.
E’ chiaro che i tre tipi di dolce freddo erano frutto di una leggera variante
nella lavorazione, negli ingredienti, nel tempo impiegato.
Con altri, ma lievi, accorgimenti tecnici ed arguzie
di “cuochi”, così per oltre mille anni si realizzò in Sicilia il gelato.
Ed anche altrove. Dal 1500 da Firenze, per
la genialità del Buontalenti , da Napoli, per opera dei cuochi di corte,
si diffuse in Europa. Ma è Procopio Cotelli, palermitano o catanese secondo
altri, che nel 1528 porta il sorbetto siciliano a Parigi, rendendo la gelateria CHEZ PROCOPE il ritrovo più famoso, tanto che 200 anni dopo l’intellighentia francese, illuminista e
liberale lo sceglie come luogo cult: Rousseau, Diderot, D’Alembert e Voltaire,
elaborarono i principi della cultura moderna, probabilmente, sorbendone uno.
Il Cafè Procope
esiste ancor oggi a Parigi.
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