sabato 13 agosto 2016

La memoria restaurata

A proposito del restauro di una edicola sacra in c.da Santissimo (Chiaramonte Gulfi)

Di recente è stata restaurata una antica edicola, nota con la denominazione di Santissimo; si trova a Chiaramonte Gulfi, al confine col territorio di Ragusa, nella contrada  che mutua da lunga data la denominazione, contigua alla più nota di Maltempo. Corrado Melfi (Le vie dell'agro chiaramontano, 1924) parlando delle principali regie trazzere del territorio attesta la presenza di questa struttura cultuale: "Quella che scende da Maltempo (strada) dove vi è una nicchietta con effigiato l'Ostensorio, che alla località dà pure il nome di Santissimo fu detta la via di Modica perchè era l'unica strada che recava nella città dove si svolgevano gli affari della Contea."
Che fosse molto antica, oltre al toponimo (riscontrabile in atti del secolo XVII), lo si evince da un'altra formella/edicola accanto alla porta dell'Annunziata, sempre a Chiaramonte, unico resto del castello medievale. E' collocata proprio accanto alla porta dalla parte interna: ad essa il cittadino che usciva o arrivava rivolgeva un saluto ed una preghiera. Stessa funzione aveva questa edicola posta al limite estremo (uscita ed accesso) del territorio chiaramontano confinante con Ragusa e (allora) la provincia di Siracusa.
Il restauro (da quanto ho saputo) è stato curato dai proprietari della casa e terreno limitrofo, che la ricordavano da ragazzini; anche in ricordo dei loro avi che ne avevano curato la conservazione.
Fu diverse volte ricostruita; poi si demolì in buona parte negli anni 50 del secolo scorso, dopo che ne fu asportata l'icona, un bassorilievo che rappresentava il Santissimo Sacramento. Ma già prima aveva subito uguale sorte un altra più antica icona, fatta oggetto - sembra - dai cercatori di tesori.
Ne parlavo nella scheda (che riproduco sotto) all'interno del volume IL SEGNO E IL SITO edicole cappelle e luoghi sacri nel territorio di Chiaramonte, Utopia Edizioni, 2005; pagina 128.

Mi fa piacere segnalare questo recupero e salvaguardia di un elemento di cultura popolare, che se anche non notevole come manufatto artistico, rappresenta parte della nostra identità e memoria. Si aggiunge al restauro della Edicola sacra di c.da Piano dell'Acqua - dedicata alla Madonna di Gulfi - che oggi pomeriggio viene riconsegnata, così come era nel secolo scorso.a quella comunità.




Chiaramonte Gulfi, contrada Santissimo. Edicola sacra.





































Scheda 17 ~ (Santissimo), edicola; c.da Santissimo.

Posta al limite del territorio comunale, fu già violata una prima volta all'inizio secolo, e in quell'occasione l'icona fu sostituita con una analoga esistente nella via Gulfi recuperata nella ristrutturazione di una abitazione (restano ancora due teste d’angelo a destra e sinistra del luogo dove era collocato il bassorilievo).Resta solo lo zoccolo e parte dell'edicola; il bassorilievo raffigurante il Sacramento fu asportato negli anni 50/60. Dando fede a testimonianze da me raccolte, fu distrutta da cercatori di tesori.
Indicata sulla carta IGM.
Bibl.: Notizie sull'edicola in: G. Puccio, Cenni corografici sulla città di Chiaramonte, Ragusa 1908: pag. 21; C. Melfi, Le vie dell'agro, op. cit. pag. 4.



domenica 7 agosto 2016

Chiesa di S. Vito - Chiaramonte Gulfi

A margine della terza passeggiata sotto le stelle, dedicata alla chiesa di S. Vito, ecco alcune notizie storiche:
da un dipinto di Giorgio Distefano 



Appunti per una storia della
Chiesa di  S.Vito – Chiaramonte Gulfi (rg)



Nell'antico abitato di Gulfi –  distrutto nel 1299 durante la guerra del Vespro da Ruggiero Lauria  al comando di un drappello filo angioino –  era esistente una chiesa dedicata al protomartire San Lorenzo (ubicata nella omonima contrada -  ritrovata e indagata di recente, 2009 )
Nella rinata città che prese nome dal fondatore e signore Manfredi Chiaramonte, una delle prime chiese fu dedicata al martire S. Lorenzo: sorse fuori dalla cinta muraria nel quartiere popolare di sud ovest, al limite estremo del borgo.
Nel XVI secolo, infuriando la peste, i cittadini chiaramontani si votarono a S. Vito, eleggendolo protettore della città ed in seguito patrono, dedicandogli la chiesetta di S. Lorenzo cui fu riservato solo un altare.
Le fasi di ampliamento, restauro, ristrutturazione o ricostruzione dell’edificio sacro, sono ipotizzabili solo attraverso vaghi e frammentari riferimenti storici, documentali, di memoria e tradizione popolare.

Alcuni punti fermi potrebbero essere:

- metà del secolo XVI (tra 1530 e 1550): elezione di S. Vito a patrono e dedicazione dell’edificio sacro preesistente (intitolato come detto a S. Lorenzo protomartire) con ovvie modifiche o ristrutturazioni per adattarlo al nuovo titolare;

- 1530 una confraternita laicale “sotto titolo di S. Vito” si riunisce  in questa chiesa (1)

- 1572 fiera di S. Vito: in un documento conservato all’archivio di stato di Ragusa, già citato nel secolo scorso dal Melfi (2) e riproposto integralmente dal Prof.  Giuseppe Raniolo (3),  si statuisce la gestione e realizzazione della solenne fiera in occasione dei festeggiamenti patronali;

- 1591 la chiesa è gestita dai carmelitani, chiamati dalla “Università” a curare culto e chiesa;

- 1616  Precetto per la celebrazione di S. Vito il 15 giugno di ogni anno: privilegio concesso dal vescovo di Siracusa mons. Giovanni Torres nel 1616;  attestato dall’editto del 1 giugno del parroco di S Maria La Nova Mariano Cutraro. Documenti in P. Samulele Nicosia, Notizie storiche su Chiaramonte (4).

- 1650 la chiesa ha 10 altari: citata  nella relazione sullo Stato dei regolari, redatta dagli ordini religiosi su richiesta di papa Innocenzo X (oggi nel fondo dell’Archivio Segreto Vaticano) (5).

- 1662 la chiesa ampliata  dalla parte di Levante: il Melfi trascrive  un documento rinvenuto nella biblioteca di Palermo (6) testo di una epigrafe; molto simile a quella esistente nella chiesa, con stessa data 1662.

-1693 colpita dal sisma, la chiesa però non crolla del tutto: lo si può dedurre e rilevare dall’utilizzo, attestato nel registro dei morti della chiesa madre, per la sepoltura di alcuni deceduti nel sisma (7).

- Primi anni del secolo XVIII:  un intervento di restauro e ristrutturazione a seguito dei danni del terremoto, non attestato esplicitamente da alcun documento, ma ovvio anche perché tramandato dagli storici locali e dalla memoria popolare.

- 1719 Benedetto Cultraro, scultore chiaramontano, realizza il ferculo processionale per la statua di S. Vito; legno intagliato scolpito e indorato (8)

- 1733 ulteriore intervento di restauro e abbellimento: decoro con stucchi e sette altari in marmo; (9)

- tra fine settecento ed inizio ottocento: altro intervento. Testimoniato dalla presenza dello scultore catanese  Carmelo Bonaventura, autore dell’altare maggiore (notevoli le virtù teologali in marmo di Carrara) e di alcuni altari minori. Nei registri di esito 1798/1803 c. (10)

- 1870 c. Rosario e Mariano Distefano lavorano agli ornati e sculture del nuovo prospetto

- 1893 Gaetano Distefano consegna il quadro dell’altare maggiore raffigurante  S. Vito che compie un miracolo alla presenza dell’imperatore Diocleziano (11)

- 1900-1910 Nicolò Distefano dipinge i quadroni della volta (12); contemporaneo un intervento all’interno della chiesa;

- 1910 altri restauri (voluti dal sac. Mariano Ferrante, rettore della chiesa) documentati nei registri di Introito ed Esito della chiesa

(sopra) Antica foto con il vecchio campanile -
(sotto) Costruzione del nuovo campanile (1930)
con accanto il vecchio in avanzata fase di demolizione
- 1926 nuovo campanile edificato dai mastri Calabrese su progetto dell’ing. Giuseppe Gafà (1897 - 1973). Una delle prime opere. Ultimato nel 1930 c.
In una foto antica, si notano i due campanili, il vecchio in demolizione e il nuovo in costruzione; un’altra foto, di proprietà della figlia, mostra la stessa fase e la presenza dell’ing. Gafà e del rettore Mariano Ferrante.

[Archivio Pino Riggio - Chiaramonte Gulfi]

Archivio famiglia R. Gafà


Interno della Chiesa - Foto S. D'Amato  30 luglio 2016.



















NOTE:

(1) Notizia in Melfi (La Sicilia sacra, Palermo 1900, pagina 108).

(2)  C. Melfi, Chiaramonte divota, Ragusa, Tip. Ed. Destefano, 1909;  Id, Cenni storici sulla città di Chiaramonte Gulfi, Ragusa, Tipografia Destefano, 1912.

(3)  G. Raniolo, Introduzione alle consuetudini ed agli istituti della Contea di Modica. Vol. II°, Modica, Ed. Associazione culturale “Dialogo”, 1987; pag.

(4) S. Nicosia, Notizie storiche su Chiaramonte Gulfi,  Ragusa, Tipografia Piccitto & Antoci, 1882; pp. 169-170.

(5) Carmelitani (Provincia di S. Alberto) - Le date di fondazione del convento oscillano tra il 1591 ed il 1596.; la Chiesa di S. Vito fu  concessa dalla confraternita; nel 1650 aveva 10 altari e quello maggiore patronato a D. Filippo Ventura, UJD, barone del Lago. I frati, 4 sacerdoti e 2 novizi, dimorano in case private.
 L’Ordine della B. Vergine del Monte Carmelo o Carmelitani era diviso in Sicilia in due province religiose: S. Alberto e S. Angelo. I dati relativi al convento e chiesa di quest’ordine religioso si trovano pure presso l’Archivio generale Carmelitani.

6) Francisci patris divo Ventura sacellum sumptibus erectum, hoc dasque benigno Vito, iuris doctoris nati carique Philippi. Hinc terrae et coeli premia digna ferent 1662 (Melfi, Chiaramonte divota, cit, pag.72).

(7) Documentazione in G. Cultrera, L. Lombardo, 1693 Lo spazio di un miserere. Cronache del terremoto nel Val di Noto, Chiaramonte G., Utopia edizioni, 1995; pagg. 56 e segg.
(8) Melfi, Cenni etc., pagina 176; Id. La Sicilia sacra, pag.109; Ragusa, Il simulacro e il Santuario, pag.15

 11) P. Samulele Nicosia, Vita del martire S. Vito, Ragusa, Tip. Picciotto & Antoci, 1875

12) In Registri di Introito ed Esito della chiesa di S. Vito, 1909: foglio 52 pagati £ 250 per i 5 quadri della volta, e £ 120 per i 4 delle finestre laterali.



Bibliografia
P. Samulele Nicosia, Vita del martire S. Vito, Ragusa, Tip. Picciotto & Antoci, 1875
P. Samuele Cultrera,  S. Vito Martire, Catania, 1936.
Campanile della chiesa di S. Vito
  V. Amico, Lexikon Topographicum Siculum, studium et labore S. T. D. D.  Viti Amico et Statella Ordinis Sancti Benedicti. 3 voll.; Panormi, excudebat Petrus Bentivegna, 1757; Catania, 1760.
Edizione in italiano: Dizionario topografico della Sicilia, tradotto dal latino ed annotato da Gioacchino Di Marzo, 2 voll., Palermo, 1855-56.
S. Cucinotta, Popolo e clero in Sicilia nella dialettica socio-religiosa fra cinque-seicento. Messina 1986.
G. Cultrera, Chiaramonte Gulfi, breve guida alla città, Ragusa, 1993
G. Cultrera, Itinerario ibleo, Chiaramonte G., Utopia edizioni, 1993
G. Cultrera, L. Lombardo, 1693 Lo spazio di un miserere. Cronache del terremoto nel Val di Noto, Chiaramonte G., Utopia edizioni, 1995
G. Iacono, Guida alla provincia di Ragusa, Palermo, 1985,
C. Melfi, Chiaramonte divota, ossia, Raccolta di esercizi sacri e resoconto storico artistico, religioso delle varie chiese del Comune, per Corrado Melfi e Melfi Barone di S. Giovanni e Santa Maria cameriere segreto di Spada e Cappa di S. S: Leone XIII. Ragusa, Tip. Ed. Destefano, 1909
C. Melfi, Cenni storici sulla città di Chiaramonte Gulfi, Ragusa, Tipografia Destefano, 1912
C. Melfi, Le opere del Mancino e del Berrettaro in Chiaramonte, Noto, Tip. Zammit, 1929.
S. Nicosia, Notizie storiche su Chiaramonte Gulfi, pel P. Samuele Nicosia Cappuccino. Ragusa, Tipografia Piccitto & Antoci, 1882; (ripubblicato, Ragusa Rotary club, 1995)
R. Pirro, Sicilia sacra, Panormi 1694
G. Puccio, Cenni corografici sulla città di Chiaramonte Gulfi nel 1908, Ragusa,1910
G. Ragusa, Il simulacro e il santuario, Chiaramonte Tip. Fornaio, 1962
G. Ragusa, Chiaramonte nella storia di Sicilia, Modica, F. Ruta, 1986

G. Raniolo, Introduzione alle consuetudini ed agli istituti della Contea di Modica. Modica, Ed. Associazione culturale “Dialogo”, Vol I° 1982, vol. II° 1987.

venerdì 5 agosto 2016

Edicola sacra di c.da Piano dell'Acqua. Com'era. Scheda.

Com'era l'edicola di Piano dell'Acqua, di recente restaurata su sollecitazione di un comitato spontaneo; intervento a cura di Carmelo Battaglia (struttura lapidea) e Raffaele Catania (restauro pittorico dell'icona) e di parecchi altri (che ometto, per evitare dimenticanze - che saranno citati in occasione della inaugurazione del 13 c.).
Com'è dopo il restauro sarà oggetto della prossima scheda - che sarà pubblicata successivamente alla "svelata" ed inaugurazione, per non togliervi piacere e sorpresa!

Ph: Vincenzo Cupperi (1989)



Ubicazione: Contrada Piano dell’Acqua, Chiaramonte Gulfi (RG),

Tipologia     Edicola  (cm. 150 x 350 x 100) in muratura (zoccolo)
                     e pietra intagliata

Soggetto      Madonna di Gulfi
                     Icona (cm. 60 x 75) su pietra dipinta (secolo XIX),
                     raffigurante la Madonna di Gulfi, nel parato proces-
                     sionale, fra i Santi Giovanni Battista e Vito.

Stato di conservazione    Precario: sia struttura che icona.
                    Anche l’intervento più recente (con la ricollocazione
                    della cuspide con croce, ripitturazione dell’immagine
                    e consolidamento della muratura) non è riuscito a
                    fermare lo stato di deterioramento del manufatto

Storia            Fu fatta costruire dalla famiglia Rizza, proprietaria del
                    fondo sul cui lembo estremo è situata. Don Vito Rizza
                    (prima metà dell’ottocento) fu notabile ed esponente
                    politico di spicco a Chiaramonte; suo figlio, Evangelista
                    Rizza, fu senatore del Regno d’Italia nei primi del ‘900.

                    In occasione delle Cappelluzze, ad agosto, veniva ornata
                    e vi si svolgevano i tradizionali festeggiamenti.

                    Indicata sulla carta IGM.




Nota 
Notizie tratte da:  Giuseppe Cultrera, IL SEGNO E IL RITO,
Edicole, cappelle e luoghi sacri nel paesaggio umano
di  Chiaramonte. Fotografie  di Vincenzo Cupperi
( Utopia Edizioni, 2007).

Nota sulla Grotta di S. Margherita

C.da S. Margherita: Antico frantoio  (sec. XVIII)

 Nella contrada piano Grillo (piano d'Acrille?) sorge un antico ipogeo sacralizzato e dedicato da antica data al culto di S. Margherita (denominazione anche della contrada limitrofa); accanto un altro ipogeo è stato trasformato in frantoio (al quale si aggiunse in seguito un corpo in muratura, sec. XVIII); attorno antichi ulivi. Mercoledì 17 agosto visiteremo questo "posto" antico e misterioso. Vi aspetto!

Per chi vuole informazioni ecco 3 schede tratte da Il segno e il rito (2007).




La grotta di S. Margherita

La presenza più antica è senz’altro la grotta di S. Margherita, posta a circa un chilometro dal Santuario di Gulfi, tra la vallata che degrada verso la marina e la corona di monti che segnano il confine col territorio di Monterosso Almo a nord est, e con quello di Giarratana e Ragusa a sud est. E’ d’epoca paleocristiana, almeno per quanto riguarda la struttura cultuale, o tutt’al più alto medioevale: farebbero propendere per quest’ultima datazione i resti di affreschi di una Crocifissione, e le fioche tracce, sulla destra, dell’effigie della titolare.6

Il Melfi ipotizza l’uso cultuale della grotta fin dal III° secolo, con un incremento nel periodo in cui nel bosco circostante era consentito lo jus pascendi e lignandi (sec. XIV/XV°); e con ancora un ritorno di devozione popolare dal post terremoto (secolo XVIII°) quando la zona era stata tutta disboscata ed oggetto d’intenso utilizzo agricolo. Oltre alla tenace devozione per la santa taumaturga, con assidua frequenza al luogo sacro, il popolo celebrava ogni anno, il 20 luglio, una festa con rito processione e funzione religiosa. Almeno fino al 1838.7


6) Il Messina (Le chiese rupestri del Val di Noto, Palermo 1994) che di recente ha analizzato le due raffigurazioni, le ritiene di epoca più recente. «L’iconografia è ancora quella medievale, ma non lo è più la tavolozza dei colori (sec. XVI)» scrive a proposito del frammento pittorico di S. Margherita; ed a proposito della Crocifissione: «il pannello non è palinsesto. Lavoro popolare del secolo XVIII», ivi pagina 103.
Sulla grotta di S. Margherita esiste un’ampia bibliografia. Il saggio più ampio, ed il primo cronologicamente, è La grotta di S. Margherita in Chiaramonte di Corrado Melfi (Noto, Zammit, 1927): Con più riscontri filologici se ne occupano: G. Agnello, Santuarietti rupestri cristiano- bizantini, in “Nuovo Didaskaleion”, IV, 1950-51, pagina 25 e segg.; G. Agnello, L’architettura bizantina in Sicilia, Firenze 1952 (pagina 253 e segg.); G. Agnello, Le arti figurative nella Sicilia bizantina, Palermo 1962, pag. 268 e segg.; O. Garana, Le catacombe siciliane e i loro martiri, Palermo, Flaccovio. 1961, pagina 93; A. Venditti, Architettura bizantina nell’Italia meridionale, Napoli, 1967, pagina 213; G. Di Stefano, La regione camarinese in epoca romana: Appunti per la carta archeologica, Ragusa 1985 (pagina 121 e segg.); G. Di Stefano, Recenti indagini sugli insediamenti rupestri dell’area ragusana, in “Atti VI° Conv. Intern. Di studio sulla Civiltà Rupestre Medievale nel Mezzogiorno d’Italia” Galatina, Congedo ed., 1986; ed infine il citato Messina, Le chiese etc., Palermo 1994 (pagina 102 e segg.).
7) C. Melfi, La grotta, op. cit. pagina 16; si trova, inoltre, citata fra i luoghi di culto, extra moenia, esistenti nel secolo XVIII°, ed ha per cappellano un certo Sac. Francesco Rosso (Melfi, Chiaramonte divota, op. cit. pagina 230).



       
 La grotta di S. Margherita: il drago e la vergine
 
La leggenda che si lega alla chiesetta rupestre di S. Margherita (nella omonima contrada su un altopiano prospettante la città di Chiaramonte e poco distante dall’antico abitato di Acrille/Gulfi) ha due anime una popolare, con forte connotazione magico sacrale, l’altra più colta e permeata da sostrati storico eruditi.
Narra la prima, riportata dal Pitrè nel suo Archivio storico, che una ragazza chiaramontana di nome Margherita spesso si recava nel bosco sottostante la città per portare da mangiare al padre lì impegnato a pascolare il gregge. Attraversava quel bosco un ruscello dalle limpide acque, dove erano scomparsi misteriosamente dei fanciulli. Perciò tutti i genitori ripetevano ai figli di tenersi lontano da quel luogo.
Invece Margherita, fosse curiosità o improvvisa sete, al ruscello si avvicinò: e scoprì il mistero, che era un enorme e terribile serpente. Atterrita la ragazza invocò la santa protettrice, che le apparve per rassicurarla ed uccidere con un dardo il serpente.
Attratti dalle grida della fanciulla accorsero i pastori ed i porcari che pascolavano i loro armenti nel sottobosco e videro il miracolo già compiuto. S. Margherita li tranquillizzò e li invitò a penetrare nell’antro del mostro; dove trovarono le ossa dei bambini uccisi ed una gemma enorme (quanto un’arancia!).
«Distruggete l’antro – ordinò la Santa – ed al suo posto che vi sorga una chiesa». Lì S. Margherita imprigionò il diamante.
Chi vorrà cimentarsi nell’impresa di svelare l’incantesimo dovrà andare scalzo nei Luoghi Santi in Palestina e lì piangere e digiunare per tre giorni e tre notte di seguito sul monte Calvario; quindi tornato a Chiaramonte sarà in condizione di estrarre il diamante per consegnarlo al Gran Turco come riscatto dei Luoghi Santi, che così finalmente verranno restituiti ai cristiani.
La seconda versione fa anch’essa riferimento, ma più esplicitamente, alla foresta di S. Margherita, dove vigeva lo jus pascendi concessione accordata dal “buon” Manfredi Chiaramonte fondatore nel XIII° secolo della città.
Nella vallata di questa foresta, solcata dal ruscello, viveva un grosso serpente che il popolo chiamava culorva, e che invano aveva tentato di uccidere con le armi e fin anco col fuoco appiccato alla foresta. Quest’ultimo atto, però, indignò il conte Manfredi, proprietario della foresta, che annullò il diritto di pascolo. Il popolo allora si rivolse a S. Margherita: che apparve sotto forma di monachella, sconfisse la culorva e intenerì il cuore del signore Manfredi, che riconcesse lo jus pascendi. Il popolo per ringraziare la Santa fece effigiare, nella grotta-chiesetta medievale lì presso ubicata, S. Margherita e da quel giorno la venerò e solennizzò con una festa popolare.
Nessun accenno, in questa seconda versione, al tesoro. O forse un tesoro c’è: quello, più prosaico ma reale, del tozzo di pane conquistato utilizzando il bosco!


 













SCHEDA   

87 ~ S. Margherita, grotta, affresco su calcare tenero, contrada S. Margherita.

Affresco popolare in ipogeo sacralizzato (utilizzato fino al 1838).
«La grotta è aperta in  un declivio di conglomerato alluvionale poco adatto al taglio. […] Lo scavo dell’ambiente è stato eseguito sulla base del palmo siciliano. E’ profondo m. 6,70 (= 26 palmi siciliani), largo all’ingresso m. 2,45 e al fondo m. 2,80 (= 11 palmi sic.) con ul leggero svaso. Il soffitto è a botte ribassata e la parete di fondo è bombata a m0’ di abside e su di essa si incurva la parte terminale del soffitto. Sul fondo è un altare murale, largo m. 1,10 e profondo m. 0,70. Subito a destra dell’ingresso è un piccolo vano completamente interrato.
Il mancato rispetto dell’orientamento canonico, l’impiego della volta a botte ispirata ai dammusi siciliani e la metrologia “moderna”, non permettono una datazione precedente al secolo XVI. […]
S. Margherita. Il pannello è collocato circa al centro della parete destra. Si conservano solo alcuni brandelli con gli attributi iconografici della santa (il martello, il drago in catene).

Il pannello (m. 1,20 alt. x 0,50 largh.) ha una riquadratura gialla campita su fondo nero. Il fondo del pannello è rosso. Il capo con nimbo giallo perlato, è coperto da un velo marrone. Didascalia a destra del volto M[argarita]. L’iconografia è ancora quella medievale, ma non lo è più la tavolozza dei colori (sec. XVI).
Crocifissione. Pannello circa quadrato posto sopra l’altare, con larga cornice gialla che imita le venature del legno. Il Cristo sul Calvario è ben conservato. A destra Giovanni con veste verde e manto rosso, regge il Vangelo. A sinistra la Vergine con veste rossa e manto verde, è stata deturpata nella parte superiore. Il pannello non è palinsesto. Lavoro popolare del secolo XVIII» (A. Messina, Le chiese rupestri del Val di Noto, Palermo, 1994; pagina 102)
 
Bibl.: C. Melfi, La grotta di S. Margherita in Chiaramonte, Noto, 1927; G. Agnello, Santuarietti rupestri cristiano.-bizantini della Sicilia, in «Nuovo Didaskaleion» IV, 1950-51, pag. 25; Id. L’architettura bizantina op. cit. pag.253; Id. Le arti figurative, op. cit. pag.268; O. Garana, Le catacombe siciliane op. cit. pag 93; A. Venditti, Architettura bizantina nell’Italia meridionale, Napoli, 1967, pag. 213; G. Distefano, La regione camarinese op. cit, pag. 121; Id. Recenti indagini op. cit. pagina 266; G. Cultrera, Il paese sul monte , Chiaramonte 1992; pagina 112; Id. L’ulivo saraceno , Chiaramonte, Utopia Edizioni, 1997, pag. 164; A. Messina, Le chiese rupestri, op. cit. pagina 102 e segg.

Notizie tratte da >> Giuseppe Cultrera IL SEGNO E IL RITO, Edicole, cappelle e luoghi sacri nel paesaggio umano di Chiaramonte, Chiaramonte, Utopia Edizioni, 2007.