C.da S. Margherita: Antico frantoio (sec. XVIII) |
Nella contrada piano Grillo (piano d'Acrille?) sorge un antico ipogeo sacralizzato e dedicato da antica data al culto di S. Margherita (denominazione anche della contrada limitrofa); accanto un altro ipogeo è stato trasformato in frantoio (al quale si aggiunse in seguito un corpo in muratura, sec. XVIII); attorno antichi ulivi. Mercoledì 17 agosto visiteremo questo "posto" antico e misterioso. Vi aspetto!
Per chi vuole informazioni ecco 3 schede tratte da Il segno e il rito (2007).
La grotta di S. Margherita
La
presenza più antica è senz’altro la grotta di S. Margherita, posta a circa un
chilometro dal Santuario di Gulfi, tra la vallata che degrada verso la marina e
la corona di monti che segnano il confine col territorio di Monterosso Almo a
nord est, e con quello di Giarratana e Ragusa a sud est. E’ d’epoca
paleocristiana, almeno per quanto riguarda la struttura cultuale, o tutt’al più
alto medioevale: farebbero propendere per quest’ultima datazione i resti di affreschi
di una Crocifissione, e le fioche tracce, sulla destra, dell’effigie della
titolare.6
Il Melfi ipotizza l’uso cultuale
della grotta fin dal III° secolo, con un incremento nel periodo in cui nel
bosco circostante era consentito lo jus
pascendi e lignandi (sec. XIV/XV°); e con ancora un ritorno di devozione
popolare dal post terremoto (secolo XVIII°) quando la zona era stata tutta
disboscata ed oggetto d’intenso utilizzo agricolo. Oltre alla tenace devozione
per la santa taumaturga, con assidua frequenza al luogo sacro, il popolo
celebrava ogni anno, il 20 luglio, una festa con rito processione e funzione
religiosa. Almeno fino al 1838.7
6) Il Messina (Le chiese
rupestri del Val di Noto, Palermo 1994) che di recente ha analizzato le due
raffigurazioni, le ritiene di epoca più recente. «L’iconografia è ancora quella
medievale, ma non lo è più la tavolozza dei colori (sec. XVI)» scrive a
proposito del frammento pittorico di S. Margherita; ed a proposito della
Crocifissione: «il pannello non è palinsesto. Lavoro popolare del secolo
XVIII», ivi pagina 103.
Sulla grotta di S. Margherita
esiste un’ampia bibliografia. Il saggio più ampio, ed il primo
cronologicamente, è La grotta di S.
Margherita in Chiaramonte di Corrado
Melfi (Noto, Zammit, 1927): Con più riscontri filologici se ne occupano:
G. Agnello, Santuarietti rupestri cristiano- bizantini, in “Nuovo
Didaskaleion”, IV, 1950-51, pagina 25 e segg.; G.
Agnello, L’architettura bizantina
in Sicilia, Firenze 1952 (pagina 253 e segg.); G. Agnello, Le arti
figurative nella Sicilia bizantina, Palermo 1962, pag. 268 e segg.; O. Garana, Le catacombe siciliane e i loro martiri, Palermo, Flaccovio. 1961,
pagina 93; A. Venditti, Architettura bizantina nell’Italia
meridionale, Napoli, 1967, pagina 213;
G. Di Stefano, La regione
camarinese in epoca romana: Appunti
per la carta archeologica, Ragusa 1985 (pagina 121 e segg.); G. Di Stefano, Recenti indagini sugli insediamenti rupestri dell’area ragusana, in
“Atti VI° Conv. Intern. Di studio sulla Civiltà Rupestre Medievale nel
Mezzogiorno d’Italia” Galatina, Congedo ed., 1986; ed infine il citato Messina, Le chiese etc., Palermo 1994 (pagina 102 e segg.).
7) C. Melfi, La grotta,
op. cit. pagina 16; si trova, inoltre, citata fra i luoghi di culto, extra moenia, esistenti nel secolo
XVIII°, ed ha per cappellano un certo Sac. Francesco Rosso (Melfi, Chiaramonte divota, op. cit. pagina 230).
La grotta di S. Margherita: il drago e la
vergine
La
leggenda che si lega alla chiesetta rupestre di S. Margherita (nella omonima
contrada su un altopiano prospettante la città di Chiaramonte e poco distante
dall’antico abitato di Acrille/Gulfi) ha due anime una popolare, con forte
connotazione magico sacrale, l’altra più colta e permeata da sostrati storico
eruditi.
Narra
la prima, riportata dal Pitrè nel suo Archivio
storico, che una ragazza
chiaramontana di nome Margherita spesso si recava nel bosco sottostante la
città per portare da mangiare al padre lì impegnato a pascolare il gregge.
Attraversava quel bosco un ruscello dalle limpide acque, dove erano scomparsi
misteriosamente dei fanciulli. Perciò tutti i genitori ripetevano ai figli di
tenersi lontano da quel luogo.
Invece
Margherita, fosse curiosità o improvvisa sete, al ruscello si avvicinò: e
scoprì il mistero, che era un enorme e terribile serpente. Atterrita la ragazza
invocò la santa protettrice, che le apparve per rassicurarla ed uccidere con un
dardo il serpente.
Attratti
dalle grida della fanciulla accorsero i pastori ed i porcari che pascolavano i
loro armenti nel sottobosco e videro il miracolo già compiuto. S. Margherita li
tranquillizzò e li invitò a penetrare nell’antro del mostro; dove trovarono le
ossa dei bambini uccisi ed una gemma enorme (quanto un’arancia!).
«Distruggete
l’antro – ordinò la Santa – ed al suo posto che vi sorga una chiesa». Lì S.
Margherita imprigionò il diamante.
Chi
vorrà cimentarsi nell’impresa di svelare l’incantesimo dovrà andare scalzo nei
Luoghi Santi in Palestina e lì piangere e digiunare per tre giorni e tre notte
di seguito sul monte Calvario; quindi tornato a Chiaramonte sarà in condizione
di estrarre il diamante per consegnarlo al Gran Turco come riscatto dei Luoghi
Santi, che così finalmente verranno restituiti ai cristiani.
La
seconda versione fa anch’essa riferimento, ma più esplicitamente, alla foresta
di S. Margherita, dove vigeva lo jus
pascendi concessione accordata dal “buon” Manfredi Chiaramonte fondatore
nel XIII° secolo della città.
Nella
vallata di questa foresta, solcata dal ruscello, viveva un grosso serpente che
il popolo chiamava culorva, e che
invano aveva tentato di uccidere con le armi e fin anco col fuoco appiccato
alla foresta. Quest’ultimo atto, però, indignò il conte Manfredi, proprietario
della foresta, che annullò il diritto di pascolo. Il popolo allora si rivolse a
S. Margherita: che apparve sotto forma di monachella,
sconfisse la culorva e intenerì il
cuore del signore Manfredi, che riconcesse lo jus pascendi. Il popolo per ringraziare la Santa fece effigiare,
nella grotta-chiesetta medievale lì presso ubicata, S. Margherita e da quel
giorno la venerò e solennizzò con una festa popolare.
Nessun
accenno, in questa seconda versione, al tesoro. O forse un tesoro c’è: quello, più prosaico ma reale, del tozzo di pane
conquistato utilizzando il bosco!
SCHEDA
87 ~ S. Margherita, grotta, affresco su
calcare tenero, contrada S. Margherita.
Affresco popolare in ipogeo sacralizzato (utilizzato
fino al 1838).
«La grotta è aperta in
un declivio di conglomerato alluvionale poco adatto al taglio. […] Lo
scavo dell’ambiente è stato eseguito sulla base del palmo siciliano. E’
profondo m. 6,70 (= 26 palmi siciliani), largo all’ingresso m. 2,45 e al fondo
m. 2,80 (= 11 palmi sic.) con ul leggero svaso. Il soffitto è a botte ribassata
e la parete di fondo è bombata a m0’ di abside e su di essa si incurva la parte
terminale del soffitto. Sul fondo è un altare murale, largo m. 1,10 e profondo
m. 0,70. Subito a destra dell’ingresso è un piccolo vano completamente
interrato.
Il mancato rispetto dell’orientamento canonico,
l’impiego della volta a botte ispirata ai dammusi siciliani e la
metrologia “moderna”, non permettono una datazione precedente al secolo XVI.
[…]
S. Margherita.
Il pannello è collocato circa al centro della parete destra. Si conservano solo
alcuni brandelli con gli attributi iconografici della santa (il martello, il
drago in catene).
Il pannello (m. 1,20 alt. x 0,50 largh.) ha una
riquadratura gialla campita su fondo nero. Il fondo del pannello è rosso. Il
capo con nimbo giallo perlato, è coperto da un velo marrone. Didascalia a
destra del volto M[argarita].
L’iconografia è ancora quella medievale, ma non lo è più la tavolozza dei
colori (sec. XVI).
Crocifissione.
Pannello circa quadrato posto sopra l’altare, con larga cornice gialla che
imita le venature del legno. Il Cristo sul Calvario è ben conservato. A destra
Giovanni con veste verde e manto rosso, regge il Vangelo. A sinistra la Vergine
con veste rossa e manto verde, è stata deturpata nella parte superiore. Il
pannello non è palinsesto. Lavoro popolare del secolo XVIII» (A. Messina, Le
chiese rupestri del Val di Noto, Palermo, 1994; pagina 102)
Bibl.:
C. Melfi, La grotta di S.
Margherita in Chiaramonte, Noto, 1927; G.
Agnello, Santuarietti rupestri cristiano.-bizantini della Sicilia,
in «Nuovo Didaskaleion» IV, 1950-51, pag. 25; Id.
L’architettura bizantina op. cit. pag.253; Id. Le arti figurative, op. cit. pag.268; O. Garana, Le catacombe siciliane
op. cit. pag 93; A. Venditti, Architettura
bizantina nell’Italia meridionale, Napoli, 1967, pag. 213; G. Distefano, La regione camarinese
op. cit, pag. 121; Id. Recenti indagini
op. cit. pagina 266; G. Cultrera, Il
paese sul monte , Chiaramonte 1992; pagina 112; Id.
L’ulivo saraceno , Chiaramonte, Utopia Edizioni, 1997, pag. 164; A.
Messina, Le chiese rupestri, op. cit. pagina 102 e segg.
Notizie tratte da >> Giuseppe Cultrera IL SEGNO E IL RITO, Edicole, cappelle e luoghi sacri nel paesaggio umano di Chiaramonte, Chiaramonte, Utopia Edizioni, 2007.
Notizie tratte da >> Giuseppe Cultrera IL SEGNO E IL RITO, Edicole, cappelle e luoghi sacri nel paesaggio umano di Chiaramonte, Chiaramonte, Utopia Edizioni, 2007.
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