venerdì 5 agosto 2016

Nota sulla Grotta di S. Margherita

C.da S. Margherita: Antico frantoio  (sec. XVIII)

 Nella contrada piano Grillo (piano d'Acrille?) sorge un antico ipogeo sacralizzato e dedicato da antica data al culto di S. Margherita (denominazione anche della contrada limitrofa); accanto un altro ipogeo è stato trasformato in frantoio (al quale si aggiunse in seguito un corpo in muratura, sec. XVIII); attorno antichi ulivi. Mercoledì 17 agosto visiteremo questo "posto" antico e misterioso. Vi aspetto!

Per chi vuole informazioni ecco 3 schede tratte da Il segno e il rito (2007).




La grotta di S. Margherita

La presenza più antica è senz’altro la grotta di S. Margherita, posta a circa un chilometro dal Santuario di Gulfi, tra la vallata che degrada verso la marina e la corona di monti che segnano il confine col territorio di Monterosso Almo a nord est, e con quello di Giarratana e Ragusa a sud est. E’ d’epoca paleocristiana, almeno per quanto riguarda la struttura cultuale, o tutt’al più alto medioevale: farebbero propendere per quest’ultima datazione i resti di affreschi di una Crocifissione, e le fioche tracce, sulla destra, dell’effigie della titolare.6

Il Melfi ipotizza l’uso cultuale della grotta fin dal III° secolo, con un incremento nel periodo in cui nel bosco circostante era consentito lo jus pascendi e lignandi (sec. XIV/XV°); e con ancora un ritorno di devozione popolare dal post terremoto (secolo XVIII°) quando la zona era stata tutta disboscata ed oggetto d’intenso utilizzo agricolo. Oltre alla tenace devozione per la santa taumaturga, con assidua frequenza al luogo sacro, il popolo celebrava ogni anno, il 20 luglio, una festa con rito processione e funzione religiosa. Almeno fino al 1838.7


6) Il Messina (Le chiese rupestri del Val di Noto, Palermo 1994) che di recente ha analizzato le due raffigurazioni, le ritiene di epoca più recente. «L’iconografia è ancora quella medievale, ma non lo è più la tavolozza dei colori (sec. XVI)» scrive a proposito del frammento pittorico di S. Margherita; ed a proposito della Crocifissione: «il pannello non è palinsesto. Lavoro popolare del secolo XVIII», ivi pagina 103.
Sulla grotta di S. Margherita esiste un’ampia bibliografia. Il saggio più ampio, ed il primo cronologicamente, è La grotta di S. Margherita in Chiaramonte di Corrado Melfi (Noto, Zammit, 1927): Con più riscontri filologici se ne occupano: G. Agnello, Santuarietti rupestri cristiano- bizantini, in “Nuovo Didaskaleion”, IV, 1950-51, pagina 25 e segg.; G. Agnello, L’architettura bizantina in Sicilia, Firenze 1952 (pagina 253 e segg.); G. Agnello, Le arti figurative nella Sicilia bizantina, Palermo 1962, pag. 268 e segg.; O. Garana, Le catacombe siciliane e i loro martiri, Palermo, Flaccovio. 1961, pagina 93; A. Venditti, Architettura bizantina nell’Italia meridionale, Napoli, 1967, pagina 213; G. Di Stefano, La regione camarinese in epoca romana: Appunti per la carta archeologica, Ragusa 1985 (pagina 121 e segg.); G. Di Stefano, Recenti indagini sugli insediamenti rupestri dell’area ragusana, in “Atti VI° Conv. Intern. Di studio sulla Civiltà Rupestre Medievale nel Mezzogiorno d’Italia” Galatina, Congedo ed., 1986; ed infine il citato Messina, Le chiese etc., Palermo 1994 (pagina 102 e segg.).
7) C. Melfi, La grotta, op. cit. pagina 16; si trova, inoltre, citata fra i luoghi di culto, extra moenia, esistenti nel secolo XVIII°, ed ha per cappellano un certo Sac. Francesco Rosso (Melfi, Chiaramonte divota, op. cit. pagina 230).



       
 La grotta di S. Margherita: il drago e la vergine
 
La leggenda che si lega alla chiesetta rupestre di S. Margherita (nella omonima contrada su un altopiano prospettante la città di Chiaramonte e poco distante dall’antico abitato di Acrille/Gulfi) ha due anime una popolare, con forte connotazione magico sacrale, l’altra più colta e permeata da sostrati storico eruditi.
Narra la prima, riportata dal Pitrè nel suo Archivio storico, che una ragazza chiaramontana di nome Margherita spesso si recava nel bosco sottostante la città per portare da mangiare al padre lì impegnato a pascolare il gregge. Attraversava quel bosco un ruscello dalle limpide acque, dove erano scomparsi misteriosamente dei fanciulli. Perciò tutti i genitori ripetevano ai figli di tenersi lontano da quel luogo.
Invece Margherita, fosse curiosità o improvvisa sete, al ruscello si avvicinò: e scoprì il mistero, che era un enorme e terribile serpente. Atterrita la ragazza invocò la santa protettrice, che le apparve per rassicurarla ed uccidere con un dardo il serpente.
Attratti dalle grida della fanciulla accorsero i pastori ed i porcari che pascolavano i loro armenti nel sottobosco e videro il miracolo già compiuto. S. Margherita li tranquillizzò e li invitò a penetrare nell’antro del mostro; dove trovarono le ossa dei bambini uccisi ed una gemma enorme (quanto un’arancia!).
«Distruggete l’antro – ordinò la Santa – ed al suo posto che vi sorga una chiesa». Lì S. Margherita imprigionò il diamante.
Chi vorrà cimentarsi nell’impresa di svelare l’incantesimo dovrà andare scalzo nei Luoghi Santi in Palestina e lì piangere e digiunare per tre giorni e tre notte di seguito sul monte Calvario; quindi tornato a Chiaramonte sarà in condizione di estrarre il diamante per consegnarlo al Gran Turco come riscatto dei Luoghi Santi, che così finalmente verranno restituiti ai cristiani.
La seconda versione fa anch’essa riferimento, ma più esplicitamente, alla foresta di S. Margherita, dove vigeva lo jus pascendi concessione accordata dal “buon” Manfredi Chiaramonte fondatore nel XIII° secolo della città.
Nella vallata di questa foresta, solcata dal ruscello, viveva un grosso serpente che il popolo chiamava culorva, e che invano aveva tentato di uccidere con le armi e fin anco col fuoco appiccato alla foresta. Quest’ultimo atto, però, indignò il conte Manfredi, proprietario della foresta, che annullò il diritto di pascolo. Il popolo allora si rivolse a S. Margherita: che apparve sotto forma di monachella, sconfisse la culorva e intenerì il cuore del signore Manfredi, che riconcesse lo jus pascendi. Il popolo per ringraziare la Santa fece effigiare, nella grotta-chiesetta medievale lì presso ubicata, S. Margherita e da quel giorno la venerò e solennizzò con una festa popolare.
Nessun accenno, in questa seconda versione, al tesoro. O forse un tesoro c’è: quello, più prosaico ma reale, del tozzo di pane conquistato utilizzando il bosco!


 













SCHEDA   

87 ~ S. Margherita, grotta, affresco su calcare tenero, contrada S. Margherita.

Affresco popolare in ipogeo sacralizzato (utilizzato fino al 1838).
«La grotta è aperta in  un declivio di conglomerato alluvionale poco adatto al taglio. […] Lo scavo dell’ambiente è stato eseguito sulla base del palmo siciliano. E’ profondo m. 6,70 (= 26 palmi siciliani), largo all’ingresso m. 2,45 e al fondo m. 2,80 (= 11 palmi sic.) con ul leggero svaso. Il soffitto è a botte ribassata e la parete di fondo è bombata a m0’ di abside e su di essa si incurva la parte terminale del soffitto. Sul fondo è un altare murale, largo m. 1,10 e profondo m. 0,70. Subito a destra dell’ingresso è un piccolo vano completamente interrato.
Il mancato rispetto dell’orientamento canonico, l’impiego della volta a botte ispirata ai dammusi siciliani e la metrologia “moderna”, non permettono una datazione precedente al secolo XVI. […]
S. Margherita. Il pannello è collocato circa al centro della parete destra. Si conservano solo alcuni brandelli con gli attributi iconografici della santa (il martello, il drago in catene).

Il pannello (m. 1,20 alt. x 0,50 largh.) ha una riquadratura gialla campita su fondo nero. Il fondo del pannello è rosso. Il capo con nimbo giallo perlato, è coperto da un velo marrone. Didascalia a destra del volto M[argarita]. L’iconografia è ancora quella medievale, ma non lo è più la tavolozza dei colori (sec. XVI).
Crocifissione. Pannello circa quadrato posto sopra l’altare, con larga cornice gialla che imita le venature del legno. Il Cristo sul Calvario è ben conservato. A destra Giovanni con veste verde e manto rosso, regge il Vangelo. A sinistra la Vergine con veste rossa e manto verde, è stata deturpata nella parte superiore. Il pannello non è palinsesto. Lavoro popolare del secolo XVIII» (A. Messina, Le chiese rupestri del Val di Noto, Palermo, 1994; pagina 102)
 
Bibl.: C. Melfi, La grotta di S. Margherita in Chiaramonte, Noto, 1927; G. Agnello, Santuarietti rupestri cristiano.-bizantini della Sicilia, in «Nuovo Didaskaleion» IV, 1950-51, pag. 25; Id. L’architettura bizantina op. cit. pag.253; Id. Le arti figurative, op. cit. pag.268; O. Garana, Le catacombe siciliane op. cit. pag 93; A. Venditti, Architettura bizantina nell’Italia meridionale, Napoli, 1967, pag. 213; G. Distefano, La regione camarinese op. cit, pag. 121; Id. Recenti indagini op. cit. pagina 266; G. Cultrera, Il paese sul monte , Chiaramonte 1992; pagina 112; Id. L’ulivo saraceno , Chiaramonte, Utopia Edizioni, 1997, pag. 164; A. Messina, Le chiese rupestri, op. cit. pagina 102 e segg.

Notizie tratte da >> Giuseppe Cultrera IL SEGNO E IL RITO, Edicole, cappelle e luoghi sacri nel paesaggio umano di Chiaramonte, Chiaramonte, Utopia Edizioni, 2007.


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