mercoledì 15 luglio 2015

Un Circolo e due Società di Mutuo Soccorso ... tante storie ...

Certo - parlare di tempo libero, in un'epoca in cui dentro il vissuto comunitario di un piccolo centro come Chiaramonte, c'era spazio a stento per la sussistenza e di libero o liberato restava ben poco: stretti tra stereotipi, tabù e conformismi tesi a fugare o esorcizzare eventuali devianze ideologiche, religiose o comportamentali - è voler cercare il pelo nell'uovo o come dicevano quei nostri antenati lavari a testa 'o sceccu o pittinàri 'a jatta!
Anche se il farmacista, il medico, l'avvocato, il notaio ...  il cavaliere o il  nobilotto  e qualche agiato agricoltore, il tempo e il luogo per "godersi la vita" lo trovavano. Per loro, e pochi altri fortunati, la giornata non iniziava all'alba e si concludeva al tramonto, riempita di solo duro lavoro. Aveva spiragli (per qualcuno squarci grandi come certi sbadigli che non finiscono mai) per il riposo, il divertimento, le relazioni.

Perchè era cambiata e continuava a cambiare anche la società; e la nuova variegata classe sociale, la borghesia, elaborava  un modello moderno di vissuto collettivo. Anche in Sicilia,  nella plaga più meridionale dell'Italia Unita, la provincia di Siracusa, della quale faceva parte  Chiaramonte.

Nel  1823, esattamente il 25 marzo, un gruppo di notabili chiaramontani presenta alla Intendenza (per capirci, qualcosa di simile all'attuale prefettura e questura messi insieme) di Noto  domanda di istituire  "una sala di conversazione per avere un  intrattenimento nelle ore di ozio". Che sorgerà negli anni successivi con la denominazione  di Casino di conversazione  con  propria sede appositamente costruita al centro della città: proprio al centro, nel senso che occupava, con la fabbrica retrostante parte di suolo pubblico, ostruendo la centrale via della Posta, che diverrà, pertanto, dalla parte della piazza un vicolo cieco, e a lato del Circolo una arteria mozza ( ma vivaddio! quando nel nuovo sodalizio c'era la crema politica economica e sociale della città - oggi si chiamerebbero i poteri forti - ogni ostacolo svaniva e le regole si adattavano).
Aveva, all'inizio, solo 65 soci. E anche quando il numero aumentò, sempre selezionati e sottoposti ad attento esame furono gli aspiranti! Subdole e crudeli, spesso, le palline nere sovrastarono quelle bianche, troncando aspirazioni e  avallando rivalse o vendette. Di cavalleresco c'era solo l'altra denominazione popolare (circolo dei cavalieri): le liti per pretesi vantaggi o inosservanza delle regole, giungevano fioche in piazza ai popolani che il tempo per giocare a carte e biliardo, leggere il giornale o fumare il sigaro, non l'avevano. Che quando smettevano qualche ora di lavorare e si vestivano a festa era per seguire le processioni religiose o contrattare alla fiera e al mercato ....

Tra i soci ci fu il barone Serafino Amabile Guastella, liberale e progressista, scrittore acuto e colto etnoantropologo. Non disdegnava, il Guastella, l'ironia e il sarcasmo: rivolti sia al popolo che ai suoi sodali (qui il nostro faceva la differenza, in quanto ai secondi non faceva, come suol dirsi, sconti!). La poesia satirica che scrisse per il barbiere Paolo Molè, che era servitore-custode part time nel Circolo, onde impetrare qualche mancia e un tozzo di pane per sè e l'affamata famiglia, non è solo un sagace componimento poetico, ma come spesso avviene nelle opere del Guastella,  squarcio sociologico del tempo e dei costumi.
Ma qui lascio spazio alla vostra curiosità, che potrete appagare domani durante la settimanale passeggiata, che avrà tra le tappe appunto il Circolo di Conversazione... e non anticipo  nulla, perchè anch'io  non conosco le sorprese che hanno approntato i padroni di casa...

Sospendo un discorso che continuerò in una seconda puntata che oltre a completare la notizia su questo originale sodalizio, affronterò in breve la storia dei corrispettivi luoghi di aggregazione della classe operaia ed artigiana: le società operaie di mutuo soccorso. Le due principali, sorsero quasi un secolo dopo, ed ebbero sede in piazza (dove sono tutt'ora). Costituite agli inizi del novecento, furono intitolate una a Vittorio Emanuele III e l'altra ad Umberto I. Sono altre due tappe di domani: vi racconterò (aiutato dai loro presidenti) storie ed aspirazioni, di grandi e piccoli uomini: il commendatore Evangelista Rizza, senatore del regno d'Italia, che cedette a buon prezzo un proprio locale della piazza (un tempo fondaco) per ospitare la Umberto I e il dottore Michelangelo Casì, dinamico e colto filantropo, che in qualità di creatore e primo presidente dell'altra Società operaia , acquistò i locali del centrale Gran Salone, per farne la sede. Sedi arricchite da elegante mobilia, tempere e dipinti dei noti pittori Nicolò Distefano,  Giovanni Cutrone inteso sansone, Giovanni De Vita...



Ci vediamo domani.

[continua]

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