Il convento e la
chiesa di S. Maria di Gesù
Il sito
Il
complesso edilizio del Convento e della Chiesa di S. Maria di Gesù occupa il
lembo estremo dell’abitato di Chiaramonte Gulfi, nella parte più alta del
colle, proprio accanto all’antico nucleo medievale. L’espansione urbana, coeva
e successiva alla costruzione del Convento, ha solo sfiorato, da nord est, il
complesso monastico lasciando aperto lo spazio a sud ovest nella cui parte
alta, nel 1834, fu ubicato il cimitero. Due antiche strade lambivano il
fabbricato: a destra (quella che conduceva alla zona montana ed a Ragusa) e a
sinistra (quella che metteva in comunicazione la chiesa delle Grazie e la
sorgente delle pozzie con il centro
urbano).
Il complesso monastico
La Chiesa ed il Convento di S. Maria di Gesù
rappresentano una delle principali emergenze architettoniche di Chiaramonte
Gulfi.
Alla sua destra si appoggiano i tre corpi del
fabbricato del Convento, al cui centro si apre l’elegante Chiostro con pozzo-cisterna. La silva (che oggi risulta
notevolmente ridimensionata, essendo parte nel secolo XIX assorbita dal
cimitero e parte successivamente rimaneggiata o trasformata), si estende ad
occidente con eleganti viali e tracce d’arredo ed ornamenti.
Il Convento, che si sviluppa su due piani, ha tre
corridoi intorno all’antico chiostro più un’ala che si allunga sul lato
meridionale.
I locali del piano terreno sono adibiti ad attività di
impegno cristiano e socio culturali mentre i religiosi occupano parte del piano
superiore, oggetto di interventi di ristrutturazione recente, con la quale è
stata recuperata la parte che versava in precarie condizioni.
Il convento dei Frati Minori Riformati
Fin dal secolo XVI alcuni Frati Minori erano presenti
in Chiaramonte, ed alloggiavano nel piccolo convento adiacente alla chiesa di
S. Giovanni Battista1.
Nel secondo decennio del XVII secolo fu avviata la
costruzione, «nella parte più elevata dell’abitato al termine del sestriere
della Cuba»2, di una piccola chiesa e di un convento per ospitare
quella comunità di Frati Minori, che era stata invitata dalla “Università” e da
alcune famiglie nobili.
La fondazione del Convento è attestata da fonti
documentarie contemporanee o di poco posteriori.
La prima fonte è l’opera del P. Pietro Tognoletto, Paradiso serafico,(due voll. Palermo
1657, 1687)3, che desume da atti interni dell’ordine, gli
avvenimenti relativi ai frati minori dal 1615 al 1651. E’ certamente la fonte
più informata, sia per l’utilizzo di testimoni oculari e documenti coevi, che
per l’autorevolezza e la competenza del compilatore. Da essa apprendiamo che «nel
capitolo celebrato in Palermo nel 1620 […]
si determinò la fondazione del convento nella città di S. Filippo, e un altro in quella di Chiaramonte»4.
E poco oltre lo storico francescano,
con maggiori dati, ribadisce: «In quest’anno (1620) fu fondato ancora
dallo stesso P. Custode il P. F. Egidio, un altro Convento sotto titolo di S.
Maria di Gesù nella terra di Chiaramonte, diocesi di Siracusa»5
La
seconda fonte, all’interno della stessa opera, è la «notazione» in un antico
manoscritto della Provincia monastica di Siracusa, che conferma l’avvenimento,
ma con un’indicazione cronologica diversa (certamente più attendibile), del 6
agosto 16196.
La terza fonte è la relazione «Sullo stato dei Regolari» relativa a
questo Convento (Archivio Segreto Vaticano,
vol. 24), nella quale si indica come data di fondazione il 31 agosto 1620, ad opera dei Giurati che
concessero il terreno per fabbricare il convento, due cantara di carne e due
barili di tonnina l’anno, medici e medicine gratis, 100 scudi della gabella delli
Demanij e 85 l’anno per la fabbrica del convento7.
Lo storico locale Corrado Melfi pone
l’inizio dei lavori, per la costruzione di chiesa e convento, il 6 agosto 1619
(concordando con la cronaca della Provincia Monastica di Siracusa) e la
conclusione nell’anno successivo, quando «i frati in numero di 15 passarono ad
abitarlo»8.
Il Convento fu ingrandito e portato
a temine nel 1637, data ricordata in una delle colonne del chiostro: per la sua
ampiezza è il primo tra i Conventi del Comune di Chiaramonte Gulfi.
Nel 1650, constava di 15 celle ed era abitato da 14
individui di cui 5 sacerdoti, 3
chierici, 5 laici e un terziario9.
I lavori definitivi di ampliamento del Convento e
della Chiesa (quella primitiva era molto più piccola), avvengono tra il 1655 e
il 1657 (questa data è visibile tutt’oggi in un pilastro delle colonne
dell’atrio).
Un successivo intervento è databile ai primi anni del
XVIII secolo, a seguito del disastroso terremoto del 1693. Tracce evidenti sono
nelle strutture, oggetto di consolidamento con ripristino o modifica di parti.
Nel 1788 nel Convento si celebrò il Capitolo
Provinciale, come si legge nell’architrave della porta d’ingresso: «Die 17 Junii 1788, in hoc venerabili
conventu S. M. Jesu, tempore gubernationis R. P. Josephi M. Comisi Casmenarum
O. Ref. S. Francisci celebratum fuit capitulum provinciale».
Nel 1866 il Convento fu chiuso per la legge di
soppressione; fu riaperto nel 1890 ad opera del chiaramontano P. Filippo
Sansone.
Nel secolo XX vengono operati interventi di modesta
entità10. I principali:
– l’11 luglio 1918, P. Daniele Cultrera affida al Sig.
Gianninoto Salvatore i lavori di ricostruzione dell’arcata Sud del Chiostro e
di intonacatura di tutto l’interno del Chiostro del Convento;
– nel 1930 viene effettuato il restauro della grande
vasca dell’orto, detta il “Gebbione” ed il completamento del muro dell’orto,
incrementato nella parte superiore;
– nel 1931 furono sistemati i muri dell’orto e quello
attiguo alla carretteria ed iniziati i lavori di restauro della copertura del
Convento e della Chiesa;
–altri lavori di risistemazione nel 1932, fra i quali
il restauro di diverse stanze del Convento e degli infissi, l’inserimento di
tre finestre nuove nelle stanze a mezzo piano.
Ma il lento degrado rese, dal dopoguerra,
inutilizzabile gran parte della struttura: negli anni ’80, dopo un sommario
restauro, erano fruibili nove camere per abitazione, una sala adibita a
biblioteca ed una sala d’attesa. Nell’ala nord l’antico noviziato restò
abbandonato ed in precarie condizioni.
Gli
interventi di consolidamento della struttura e di restauro, condotti dal 2002
al 2004, hanno riconsegnato l’antica struttura alla completa fruibilità.
La chiesa
La chiesetta di modeste dimensioni intitolata a S.
Maria dell’Itra12 venne ampliata ed abbellita da due cappelle
laterali (a sinistra) a partire dal 1655.
Nel 1663 fu edificata, a spese della famiglia Cutello,
l’elegante cappella dove venne posta la statua
in marmo della Madonna con il Bambino, proveniente dalla chiesa di S.
Sofia, chiusa al culto. Fu allora che la chiesa prese il nome di S. Maria di
Gesù.
L’altra
cappella, opera dello scultore Simone Mellini, più antica (sec. XVII) conteneva
il crocifisso in legno, a grandezza naturale, opera dello scultore francescano
Fra Umile da Petralia. In essa è d’interesse artistico il paliotto d’altare, opera datata (1711) e firmata dallo scultore
chiaramontano Benedetto Cultraro.
Sul finire del secolo XVVIII fu elegantemente decorata con stucchi la cappella centrale da Giovanni Gianforma (indicazione degli
storici locali) o da artisti della sua bottega.
Tra fine ottocento ed inizio novecento vengono
realizzati i tre grandi dipinti nella
volta centrale, dal pittore chiaramontano Nicolò Distefano.
Oltre al pregevole
crocifisso ligneo di Fra Umile da Petralia, la chiesa contiene altre
pregevoli opere:
il dipinto
della Pietà, ritenuto di Mattia Preti, ma sicuramente opera di scuola tardo
caravaggesca, con riferimento stilistico ed iconografico al Preti;
il dipinto S.
Anna, attribuito ad un Su Matteo, artista chiaramontano di fine XVII
secolo;
il dipinto
raffigurante S. Francesco d’Assisi, firmato e datato Antonino Minoli, 1723.
Per una analisi
specifica di alcune delle opere esistenti nella chiesa si rimanda alle
schede di seguito dettagliate.
Schede di alcune opere d’arte presenti
nella chiesa
1 - CAPPELLA CENTRALE (abside)
ATTRIBUZIONE: Bottega dei
Gianforma
EPOCA: sec. XVIII
MATERIALE E TECNICA: Stucchi
bianchi e colorati
STATO DI CONSERVAZIONE E RESTAURI: Buono. Si notano delle ridipinture. In corso restauri.
DESCRIZIONE: Quattro
colonnine tortili, per un terzo decorate a rilievi con putti, rami, foglie,
fiori e altri motivi ornamentali, con capitelli corinzi, s’innalzano su un
bastimento, alto circa m 1,90, che sembra aver sostituito i piedistalli
originali. Lungo le spirali corre pure una decorazione di rami, foglie, rose,
putti, tralci, grappoli e pampini. Due semicolonne scanalate fiancheggiano le
colonnine tortili. Su queste poggia una trabeazione fortemente aggettata. Fra
le due colonnine è una cartella barocca sostenuta da una figura mitologica. Dai
tratti di trabeazione, fino al centro dell’arco scemo, si stende, in stucchi,
un ricco drappeggio con al centro una cartella con lo stemma dell’Ordine,
sostenuto da due angeli. Movimento di putti, di diversa grandezza che si
affannano a sostenere il drappeggio.
2 - CROCIFISSO
AUTORE: Gianfrancesco
Pintorno ( Fra Umile da Petralia) (Petralia Soprana 1600 – Palermo 1639)
EPOCA: primo quarto del sec.
XVII
MATERIALE E TECNICA: legno
intagliato e colorato,
MISURE: cm 182 ca
Il Crocifisso di Chiaramonte Gulfi (*) è tra i più bei Crocifissi di Frate Umile, in
esso è possibile constatare tutte le varie caratteristiche tipiche della sua arte:
dal movimento sinuoso del corpo all’inconfondibile forma del perizoma; dalla
spina, della folta corona, conficcata nel sopracciglio sinistro all’abbondante
sangue proveniente dalla ferita del costato; dai segni evidenti ai polsi e alle
caviglie provocati dalle funi alle varie tumefazioni e segni delle percosse in
tutto il corpo. Ed ancora altri particolari come la spina conficcata
nell’orecchio sinistro, la ferita nelle spalle, la lingua che s’intravede dalla
bocca semiaperta in cui sembra cogliere l’ultimo respiro, il braccio sinistro
rigonfio (particolare quest’ultimo che si ripete soprattutto nel soggetto
dell’Ecce Homo). Particolarmente curato è il volto, dall’espressione altamente
drammatica, dove ogni particolare è trattato con grande maestria e verismo. Per
il fatto che nel tempo quest’opera non ha subito determinati manomissioni
(qualche ritocco sparso particolarmente evidente nella coscia sinistra e nel
volto), è possibile studiare, in essa, come l’artista realizzava pittoricamente
le ferite e la conseguente distribuzione del sangue nell’intero corpo del
Cristo. Anche se ingiallite dall’ossidazione delle vecchie vernici, le tonalità
dell’incarnato sono, come del resto in tutti Crocifissi di Frate Umile, assai
delicate e chiare, come esigeva il gusto dell’epoca. Spesso si fa molta
confusione nel vedere un’opera scultorea dalle tonalità scure, dovute quasi
sempre all’annerimento causato dal fumo delle numerose candele votive, alla
ossidazione delle vecchie resine, olii, ecc.
Da questo causale fenomeno
di degrado, non di rado sono stati attribuiti gratuitamente appellativi assai
suggestivi legati soprattutto al soggetto del Crocifisso denominandolo più
volte «nero». Una patina acquisita dunque, che il più delle volte nasconde le
vere ed originali cromie dell’opera d’arte.
Il Crocifisso di
Chiaramonte Gulfi, è uno dei pochi, fra quelli ancora esistenti, che possiede
la componente dell’Angelo che regge il cartiglio con la scritta I.N.R.I., in
cima alla Croce. L’Angioletto, anch’esso scolpito in legno con estrema
raffinatezza, dall’espressione triste, quasi piangente, venne realizzato
sicuramente dallo stesso Pintorno; fra quelli ancora esistenti questo di
Chiaramonte Gulfi è davvero splendido e ispira tanta tenerezza e commozione a
chi lo guarda.
(*) R. La Mattina , F. Dell’Utri, Frate Umile da Petraia: l’arte e il
misticismo, Caltanissetta, 1986; pag. 76
( 1°Cappella laterale di sinistra)
EPOCA: sec. XVII
MATERIALE E
TECNICA: intarsio di pietra bianca su
nero pece
DESCRIZIONE: Due colonnine
scanalate, per un terzo decorate con teste di cherubini e motivi floreali,
sorreggenti una trabeazione con frontone ad arco spezzato, delimitano l’edicola
dell’altare. Le candelabre, la parte interna della nicchia semicilindrica
terminante nella parte superiore con la caratteristica conchiglia, il basamento
su cui poggiano le colonne e le quattro lesene agli angoli della cappella,
presentano una ricca decorazione ad intarsio dove dominano i motivi floreali
intrecciati con teste di puttini.
4 - S. MARIA DI GESU’
(1°Cappella laterale di sinistra - Altare)
ATTRIBUZIONE: Al Mancino e al
Berretaro, dal Di Marzo (ma sicuramente di tarda scuola gaginiana)
EPOCA: sec. XVII
MISURE: h. cm 170 ca
MATERIALE E TECNICA: marmo
bianco
STATO DI CONSERVAZIONE: Buono
DESCRIZIONE: La Madonna tiene
sul braccio sinistro il Bambino, che regge fra le mani il mondo, e con la
destra tiene stretta una gambetta del piccolo Gesù. Viso ovale, capelli biondi,
ricciuti e corti, come pure quelli del Bambino. Un ampio manto scende dalla
spalla sinistra, e si raccoglie sul davanti lasciando libera la spalla destra.
Dalla parte interna si notano ancora delle ridipinture in verde scuro. La veste
è decorata a fiori dorati, il manto a grosse stelle.
5 - S. ANTONIO DI PADOVA
(1° cappella laterale di sinistra-
partete sx)
EPOCA sec. XVIII
MISURE: : cm. 200 c. x 125
MATERIALE E TECNICA: Olio su
tela
STATO DI CONSERVAZIONE E RESTAURI: Quasi buono – un po’ essiccata la superficie pittorica con
screpolatura e caduta di pittura ai bordi.
DESCRIZIONE:. L’impostazione iconografica riporta un episodio mistico della vita
del Santo: un’estasi. Il Santo è raffigurato con il Bambino tra le braccia, su
un bianco lino; in alto Angeli, sospesi sulle nubi, in basso a sinistra un
putto.
6 - S. ANNA
(1°Cappella laterale di sinistra -
parete destra)
ATTRIBUZIONE: A un Su Carmelo (= Signor Carmelo), dal Melfi
EPOCA: sec. XVIII
MISURE: cm 180 ca x100
MATERIALE E TECNICA: olio su
tela
STATO DI CONSERVAZIONE E RESTAURI: quasi buono. Un po’ essiccata la superficie pittorica con
screpolature e scrostature in basso. Restauro, non eccellente, nel 1980.
DESCRIZIONE:
Nell’impostazione una scena familiare: la Madre ( S. Anna ) lascia da parte il
lavoro per insegnare a leggere alla figlia ( Maria ); il padre ( S. Gioacchino
) assiste, in piedi dietro la Fanciulla.
Sfondo architettonico monumentale- L’opera segue un po’ le
composizioni di tipo fiammingo.
7 - Cappella
(del
Crocifisso)
AUTORE: Simone Mellini (fine secolo XVI - post 1650).
EPOCA: seconda metà del sec.
XVII
MATERIALE E TECNICA: pietra
tenera intagliata e decorata.
DESCRIZIONE:
8 - PALIOTTO D’ALTARE
(2° cappella laterale di sinistra -
altare)
AUTORE: Benedetto Cultraro (1670 – 1752)
EPOCA: 1711
MISURE: cm 200 x 100
ISCRIZIONE E DATAZIONE: “IO
BENEDETTO CULTRARO DI CHIA/te L’HO SCOLPITO 1711
MATERIALE E TECNICA: scultura su pietra dura
STATO DI CONSERVAZIONE: buono
DESCRIZIONE: Da quattro personaggi che formano da lesene, è diviso
in tre quadri. I due laterali sono decorati con rami, foglie e altri motivi
ornamentali; in quello centrale vi sono: due colombe che attingono alla bocca
di una testa che sta al centro, attorno foglie di acanto variamente disposte e
altri motivi ornamentali. I motivi di rami, foglie di acanto e teste si
ripetono ancora nei fregi del cornicione e delle mensole.
9 - IL CRISTO DEPOSTO
DALLA CROCE
(2° cappella laterale di sinistra -
altare)
PROVENIENZA: Dalla Chiesa dei Cappuccini
ATTRIBUZIONE: A Mattia Preti, dal Melfi, dal Nicosia e dal Distefano
EPOCA: sec. XVII
MISURE: cm 400 c. x 300
MATERIALE E TECNICA: Olio su tela
DATI DOCUMENTARI: Inventario
delle Opere d’arte presenti al momento della soppressione nel Convento dei
Cappuccini - « N.1 Quadro su
tela….rappresentante l’Addolorata col….attribuito a Mattia Preti» ( Archivio
C.N.)
STATO DI CONSERVAZIONE
RESTAURI: restaurato
negli anni ’80 ; intervento non eccellente.
DESCRIZIONE: Scena dolorosissima e umana: Su uno sfondo campito in
bruno, al centro: la Madonna seduta ai piedi della croce con, sulle ginocchia,
il Corpo del Cristo Morto; ai due lati S. Giovanni e la Maddalena ; in basso: un
putto che accarezza i piedi del Cristo. (il gruppo centrale è stato riprodotto
da Simone Ventura)
10 - LA
PORZIUNCOLA
(2° cappella laterale di sinistra –
pareta sinistra)
AUTORE: Antonino Manoli (seconda
metà del secolo XVII – prima metà del secolo XVIII)
ISCRIZIONE E DATAZIONE :
(firmato e datato) Antonino Manoli ping.at 1723
MISURE: cm. 230 x 145
MATERIALE E TECNICA: olio su
tela
STATO DI CONSERVAZIONE E RESTAURI: Buono
DESCRIZIONE:
Nell’impostazione iconografica dell’opera è espresso un concetto
etico-religioso: un’estasi in cui il Santo riceve il privilegio della
Porziuncola. In alto sospesi su nuvole, il Cristo e le Madonna, in basso, simmetricamente
divisi, sei figure di religiosi.
11. VOLTA, Tempere
AUTORE: Nicolò Distefano
(1842 – 1919)
ISCRIZIONE E DATAZIONE :
MATERIALE E TECNICA: tempera
STATO DI CONSERVAZIONE E RESTAURI: Buono
DESCRIZIONE: Nella volta, in
tre riquadri rettangolari due episodi della vita di S. Francesco d’Assisi e l’Immacolata
(al centro).
10 - S. FRANCESCO D’ASSISI (convento attiguo)
ATTRIBUZIONE: Simone Ventura (Chiaramonte 1700 – post 1760),
dal Melfi e dal Nicosia, G. Cultrera (Simone
Ventura, 2004)
ISCRIZIONE
E DATAZIONE: in alto «tres ordines hic
ordinata» in basso «fundatori suo ordo min: erexit anno iubilaei
mdccxxv» «vere effigies statuae
marmoreae / s.p. francisci seraphici / romae in sacrosanta basilica vaticana /
ea habitus forma qua semper et a suae institutionis / primordio usa fuit
francescana religio / auct.ssmi dni n.° benedicti papae xiii erectae. et e
cospectu s. patriarchae dominici colocatae»
MATERIALE
E TECNICA: Olio su tela
MISURE: Cm 150 x 250
DESCRIZIONE:
Riproduce la statua, all’interno della nicchia, eretta nella basilica di S.
Pietro in Vaticano in occasione del giubileo indetto da Papa Benedetto XIII nel
1725. Tutti i memorialisti locali (Nicosia, Melfi, Puccio) pongono la data del
1725 come quella in cui fu realizzata la tela che sarebbe, pertanto, la prima
opera nota del giovane pittore. Ma, nessuna indicazione documentale, dà
certezza dell’assunto. Anche se è probabile che i frati minori abbiano
commissionato l’opera lo stesso anno in cui fu realizzata la statua del loro
fondatore, che il Ventura avrà desunto da una stampa.
All’iconografia desunta, come
detto, da una stampa del tempo, il Ventura ha aggiunto due medaglioni laterali
con episodi della vita del santo: le stimmate e la visione durante la quale
ricevette il privilegio della Porziuncola.
STATO DI
CONSERVAZIONE E RESTAURI: Buono.
BIBLIOGRAFIA
Doc.: Elencata al n. 5 dell’Inventario delle opere d’arte presenti, al momento
della soppressione, nel convento di S. Maria di Gesù.
9 - PARAVENTO (convento attiguo)
AUTORE:
PROVENIENZA:dalla chiesa di S. Caterina
ISCRIZIONE
E DATAZIONE : 1820 (la data si
riferisce forse a qualche restauro oppure alla sola pittura del quadro
centrale)
MISURE:
cm. 300 x 220; il solo dipinto cm. 120 x 70
MATERIALE E TECNICA: legno intagliato e dipinto
DESCRIZIONE: Presenta la struttura di una facciata
architettonica; uno zoccolo su cui s’innalzano sei piedistalli con lesene
scanalate; al di sopra una trabeazione con doppio ordine di cornice terminante
con timpano a triangolo. Pendenti di foglie tra una lesena e un’altra e nei
piedistalli; palmette nello spazio tra un cornicione e l’altro; al centro in
basso una testa di Cherubino e foglie stilizzate- Nella parte centrale, sotto
un arco a piattabanda, dipinta la scena di Gesù che scaccia i profanatori dal
Tempio.
12 - S. BENEDETTO IL MORO (Convento
attiguo)
EPOCA:
sec. XVII
MISURE: cm. 200 x 1308
MATERIALE E TECNICA: olio su tela
STATO DI CONSERVAZIONE E RESTAURI:
Quasi buono – un po’ essiccata la superficie pittorica con screpolature la tela
è ritoccata con rattoppi.
DESCRIZIONE:.
Composizione mistica: una visione. In alto la Vergine col Bambino, seduta in
trono fra nuvole, con un libro aperto in mano. Ai piedi di Lei il Santo
inginocchiato, con le braccia aperte e lo sguardo rivolto verso l’alto. In
basso un putto con un giglio e un libro.
Sfondo campestre: scogli, mare e
cielo.
Note
e referenze bibliografiche
1) P. S. Nicosia, Notizie
storiche su Chiaramonte Gulfi, Ragusa 1882; pagina 143. La fonte dello
storico chiaramontano è R. Pirro, Sicilia
sacra, Palermo 1644, notizia sulla chiesa siracusana f. 259, ed il
Tognoletto, in seguito ampiamente citato.
2) C. Melfi, Chiaramonte
divota, Ragusa 1909, pagina 109.
3) P. Tognoletto, Paradiso
serafico del fertilissimo regno di Sicilia, volume I Palermo 1657; volume
II Palermo 1687; vd. alle pagine 139, 140, 141 del vol. II.
4) Ivi pagina
139
5) Ivi pagina 140.
Stesse
notizie e dati troviamo nelle opere degli storici più antichi (R.
Pirro, Sicilia sacra, Palermo, 1644; V. Amico, Lexicon topographicum siculum, Palermo, 1757); che, evidentemente,
desumono dalle stesse fonti.
6) Ecco la «notazione»: Conventus Sanctae Mariae de Iesu Clarimontis Terrae Illustris s. Domini
Admirantis Castiliae, et Comitis Motucae, fundatus fuit a Spectabilibus
Iuratis, et Universitate, die 6 Augusti 1619 Inditionis secundae tempore
Custodiatus P. F. Egidy à Ianua in Diocesi Siracusarum, existente Vicario
Generali R. D. Martino Celestre, situs supra Montem ad Meridiem.
7) «Sullo stato
dei Regolari» (Archivio Segreto Vaticano, vol. 24) riportato in S. Cucinotta, Popolo e clero in Sicilia nella dialettica
socio-religiosa fra cinque-seicento, Messina, 1986; pag.462.
8) C. Melfi, Chiaramonte
divota, Ragusa 1909, pagina 109
9) «Sullo stato
dei Regolari», op. cit., pag.
462.
10) Le notizie ed i dati sono tratti da “giuliane” e
“cronache” manoscritte in possesso dello stesso convento di S. Maria di Gesù di
Chiaramonte.
11) «Sullo
stato dei Regolari», cit.
Estratto da: Giuseppe Cultrera, Artisti & Artigiani, Chiaramonte Gulfi,
Grafiche Castello, 2003. Pagg. 43/49.
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