Artifex nobilis et sculptor excellens
Nicolò Mineo, un gaginiano tardo manierista,
Nicolò Mineo, un gaginiano tardo manierista,
operante a Chiaramonte, tra fine ‘500 ed inizio ‘600
Sono artisti artigiani nell’alveo della scultura
rinascimentale – che in Sicilia ebbe
artefici indiscussi i numerosi discendenti di Giandomenico Gagini – gli
scalpellini, mastri e capomastri, operanti dal secolo XVI e fino al terremoto
del 1693 a
Chiaramonte.
Alcuni anche di notevoli capacità. Come Nicolò Mineo
(1542 – 1625) che veniva già considerato dal Di Marzo un originale gaginiano,
autore persino della cosiddetta Cona
nell’antica Chiesa di S. Giorgio oltre che della cappella del Rosario nella
chiesa di S. Filippo in Chiaramonte. Ipotesi che è risultata parzialmente
inesatta, a seguito di un recente ritrovamento nell’archivio storico di Ragusa
di un documento che dà paternità dell’opera ragusana ad Antonio Gagini, che ne
esigeva il pagamento nel 1576.
Mentre non ci sono dubbi per la cappella del
Rosario, ricollocata dopo il terremoto del 1693 nella sacrestia dell’attuale
chiesa di S. Filippo, accanto alla lapide sepolcrale che ne ricorda l’artefice:
«magister nicolaus de mineo artifex
nobilis et sculptor excellens hic mortuus requiescit, vixit annos 83. obiit 21
xbris 1625».
Il Melfi, studioso locale del secolo passato, lo
dice originario di Caltagirone. Ma nel Rivelo
della popolazione del 1593, risulta stabilmente residente a Chiaramonte,
nel quartiere S. Filippo, proprio accanto alla chiesa dove portò a termine
l’ultima opera: «Mastro Nicolao di Minio,
figlio di Antonio, sposato con Violanti, residente nel quartiere di S. Filippo,
di anni 50, con 3 figli, con un
limpio (reddito tassabile) di 102
onze».
Appare chiaro che la sua opera artistica non è
riconducibile esclusivamente all’arco di cappella della Madonna del Rosario
(nel quale lavoro venne sicuramente coadiuvato dai figli, data l’avanzata età)
concluso nel 1624, un anno prima della sua scomparsa. Ma se quest’opera
sopravvisse al terremoto, lo stesso non avvenne per molte altre testimonianze
del rinascimento, andate perdute immediatamente o destinate a lento degrado per
la loro precarietà e per l’incuria degli uomini. Tra queste certamente l’elegante
cappella dell’Annunziata, quella della chiesa di S. Francesco, il prospetto
della chiesa di S. Giovanni e quello del Salvatore (buona parte del portale è
oggi conservata nella nuova chiesa del Salvatore).
Due di queste opere, la cappella dell’Annunziata e
il portale del Salvatore, potrebbero aver ricevuto il contributo artistico del
Mineo. Questa, che è solo un’ipotesi attributiva, trova sostegno storico e
stilistico nelle testimonianze dei memorialisti locali che ritengono le due
opere di scalpello gaginiano (il Melfi addirittura la ritiene del contemporaneo
Antonio Gagini, quello della Cona di
S. Giorgio ad Ibla, che come abbiamo visto, oggi sicura filologia documentale
gli restituisce), e nel confronto tra l’arco
di cappella in S. Filippo, opera di certa fattura del Mineo, ed i resti del
portale del Salvatore (si raffrontino ad esempio il fregio centrale della cappella
e quello del portale con due figure mitologiche antropomorfe, affrontate al
centro, somiglianti per stile e per modalità di esecuzione).
Bibl: G. Cultrera, Artisti & artigiani, Chiaramonte, 2003;
G. Cultrera, Il segno e il rito, Utopia Edizioni, 2005.
G. Cultrera, Il segno e il rito, Utopia Edizioni, 2005.
Illustrazioni: (accanto al titolo e al centro pagina)Nicolò Mineo, due particolari dell'Arco di Cappella nella chiesa di S. Filippo di Chiaramonte Gulfi.
(accanto) Fregio del prospetto del Santuario di Gulfi, opera di Benedetto Cultraro (sec. XVII).
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