giovedì 18 aprile 2013

Passeggiata nel passato alla scoperta delle neviere



> Le neviere che incontreremo nella passeggiata per gli antichi tratturi sul crinale dell’Arcibessi, immersi nel risveglio primaverile della natura
Sabato 20 aprile, ore 15






La neviera di S. Giuseppe

La struttura in miglior stato di conservazione, forse perché tra quelle di più recente costruzione, sorge in prossimità del bivio Maltempo. Sullo stipite dell'apertura, utilizzata per estrarre i blocchi ghiacciati, è scolpita la data «1886». Fu tra quelle usate fin nell’immediato dopoguerra: una delle ultime ad accogliere la neve di Serra di Burgio (è il nome della contrada dove sorge) nelle sue capienti viscere.
Era nota come «la neviera di S. Giuseppe», forse perché proprietà dell’omonima chiesa. Nei primi decenni del novecento venne presa in affitto e gestita da mio nonno Giuseppe Cultrera Barbabianca (Chiaramonte 1876 – 1978).


Accanto verso sud est, sottomessa alla stradina tangente, se ne intravede un'altra, da tempo trasformata in cisterna. Era nota nell'ultima fase d'utilizzo come la nivera di Catalano, dal cognome del gestore od appaltatore.  


Maltempo

Il vasto altopiano a sud est dell’Arcibessi è denominato Maltempo. La Serra di Burgio è la parte più settentrionale: e qui troviamo, oltre alle due precedenti, altre quattro interessanti strutture per la conservazione della neve, delle quali ci è ignota la denominazione e l’appartenenza.  Come le due precedenti, sono adiacenti allo stradale, di antica costruzione, che collegava la zona montana con la vallata comisana. 

La prima sorge, pochi metri più in alto a ovest, sul degradare della collina. La struttura in buono stato di conservazione è ancora attorniata dal recinto in pietrame a secco. Il maggiore interro della struttura  la pone fra le più antiche testimonianze dell’industria della neve: concorre ad assodare l’ipotesi l’originale apertura sul prospetto realizzata con tre massi megalitici.


La lupa

La neviera dell'Arcibessi, situata in alto (845 metri s.l.m.) sull'omonimo monte, è tutta scavata nella roccia e con una capienza di gran lunga superiore a tutte le altre.
Raccontava don Vito Landolina – uno degli ultimi impresari del settore, appaltante della raccolta della neve e rivenditore del ghiaccio – che varie volte non si riuscì, in estate, a svuotarla del tutto. E che quando le operazioni di accumulo, stipaggio e chiusura ermetica del prodotto, erano accurate, l'enorme massa ghiacciata si manteneva solida e duratura per tutta la stagione calda.
Forse per questo il popolo la chiamava "la lupa": per riempire il suo insaziabile ventre uno sciame di oltre cento raccoglitori, complice anche l'esiguità delle nevicate, non bastava. Il popolo la chiamava anche, storpiando dialettalmente la denominazione colta del monte, Uccibessi. Esternando, nell'una e nell'altra identificazione, quel misto d'affetto ed astio, consueto nella classe popolare, che del lavoro sostanziava l’ambivalenza di fatica e sostentamento.
Due documenti attestano la sua vetustà.
·         Un rivelo del 1681 nel quale si legge: « E in più la Niviera in detto territorio e nella contrada della Montagna chiamata la Niviera di Archibes, confinante con la via pubblica et aliis».
·         Ed un atto del 13 aprile 1694, notaio Giuseppe Cannizzo: « Item nivariu noncupata d’Arcibessi, potitam in territorio huius terrae et contrada dicta d’Arcibessi
Neviera Archibès
Ancor oggi è tra quelle meglio conservate. La parte emergente dal terreno è costruita con blocchi di pietra tenera intagliata ed è sormontata da una copertura, a spiovente, in larghe basole di pietra. Attorno sono ancora visibili resti dei muretti di recinzione, come pure le due botola per introdurvi la neve e l'apertura frontale da cui si estraevano, in estate, i blocchi ghiacciati.
Con arrogante arbitrio la sovrastano, disarmoniche presenze, due antenne radiotelevisive.


1783

A poca distanza è ubicata la neviera sull'architrave della quale  si legge inciso «1783». La solida struttura è addossata al declivio del monte e sprofonda per oltre otto metri interamente cavati nella roccia, culminando con una volta a botte in conci squadrati, chiusa da doppio spiovente, impermeabilizzato dalle larghe basole di pietra.
Neviera dei Macellai
Era nota anche come «la neviera dei macellai»; perché proprietari e gestori furono, perlomeno nella fase ultima, i macellai chiaramontani che per la lavorazione e conservazione delle carni, specie in estate, attinsero a quella preziosa riserva di ghiaccio.
Fu attiva fin nel primo dopoguerra, e vi lavorò, fino al 1915, Giuseppe Gueli (1866-1936) un esperto delle tecniche di raccolta e conservazione della neve.
Fino a pochi anni fa sorgeva, proprio accanto, una rustica casetta: forse un edificio connesso alla lavorazione della neve. La neviera, di recente è stata restaurata con destinazione di cisterna.

Primosole

Sul fronte nord est dell'Arcibessi sorge un'altra famosa ed antica neviera, conosciuta con l'immaginifica denominazione di Primosole. Mi spiegava un anziano contadino, già nel passato lavoratore delle neviere, che il nome gli deriva dall'elevazione e dalla posizione, essendo affacciata ad est verso Palazzolo, da dove la mattina spunta "il primo sole". Era seconda solo a quella dell'Arcibessi; ed anch'essa di solida costruzione e di facile utilizzo.
Sul pianoro che con lieve digradare si estende attorno, si depositava abbondante e soffice la neve, che i raccoglitori con facilità, (o facendola rotolare o conficcandola, dopo averla compressa, in un lungo bastone) consegnavano al suo capiente ventre.
Fu utilizzata per l'ultima volta nei primi del novecento e poi abbandonata sia per la vetustà della struttura e sia perché ubicata in una zona meno facile da raggiungere dai “nuovi mezzi di trasporto”, i carretti, che l'apertura della rotabile per Ragusa, verso sud, e per Vittoria, verso ovest, rendeva competitivi, rispetto al tradizionale trasporto a basto con lunghe carovane di muli ed asini.
La struttura e la tipologia costruttiva, infine, ci rimandano alla prima e più antica fase della «industria della neve».

Altipiano dell'Arcibessi

Tratto da: 
G. Cultrera,
L'Industria della neve Neviere degli Iblei,
Utopia edizioni, 2001


Le schede, 
sulle neviere  
sono desunte 
del volume  sopra indicato.

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