> Le neviere che incontreremo nella passeggiata per gli antichi tratturi sul crinale dell’Arcibessi, immersi nel risveglio primaverile della natura…
Sabato 20 aprile, ore 15
La struttura in miglior stato di conservazione, forse perché tra quelle di più recente costruzione, sorge in prossimità del bivio Maltempo. Sullo stipite dell'apertura, utilizzata per estrarre i blocchi ghiacciati, è scolpita la data «1886». Fu tra quelle usate fin nell’immediato dopoguerra: una delle ultime ad accogliere la neve di Serra di Burgio (è il nome della contrada dove sorge) nelle sue capienti viscere.
Era nota come «la neviera di S. Giuseppe», forse perché proprietà dell’omonima chiesa. Nei primi decenni del novecento venne presa in affitto e gestita da mio nonno Giuseppe Cultrera Barbabianca (Chiaramonte 1876 – 1978).
Accanto verso sud est, sottomessa alla stradina tangente, se ne intravede un'altra, da tempo trasformata in cisterna. Era nota nell'ultima fase d'utilizzo come la nivera di Catalano, dal cognome del gestore od appaltatore.
Maltempo
Il vasto altopiano a sud
est dell’Arcibessi è denominato Maltempo.
La Serra di
Burgio è la parte più settentrionale: e qui troviamo, oltre alle due
precedenti, altre quattro interessanti strutture per la conservazione della neve,
delle quali ci è ignota la denominazione e l’appartenenza. Come le due precedenti, sono adiacenti allo
stradale, di antica costruzione, che collegava la zona montana con la vallata
comisana.
La prima
sorge, pochi metri più in alto a ovest, sul degradare della collina. La
struttura in buono stato di conservazione è ancora attorniata dal recinto in
pietrame a secco. Il maggiore interro della struttura la pone fra le più antiche testimonianze
dell’industria della neve: concorre ad assodare l’ipotesi l’originale apertura sul
prospetto realizzata con tre massi megalitici.
La neviera
dell'Arcibessi, situata in alto (845 metri s.l.m.) sull'omonimo monte, è tutta scavata
nella roccia e con una capienza di gran lunga superiore a tutte le altre.
Raccontava
don Vito Landolina – uno degli ultimi impresari del settore, appaltante della
raccolta della neve e rivenditore del ghiaccio – che varie volte non si riuscì,
in estate, a svuotarla del tutto. E che quando le operazioni di accumulo,
stipaggio e chiusura ermetica del prodotto, erano accurate, l'enorme massa
ghiacciata si manteneva solida e duratura per tutta la stagione calda.
Forse per
questo il popolo la chiamava "la
lupa": per riempire il suo insaziabile ventre uno sciame di oltre cento
raccoglitori, complice anche l'esiguità delle nevicate, non bastava. Il popolo
la chiamava anche, storpiando dialettalmente la denominazione colta del monte, Uccibessi. Esternando, nell'una e
nell'altra identificazione, quel misto d'affetto ed astio, consueto nella
classe popolare, che del lavoro sostanziava l’ambivalenza di fatica e
sostentamento.
Due
documenti attestano la sua vetustà.
·
Un
rivelo del 1681 nel quale si legge: «
E in più la Niviera in detto territorio e
nella contrada della Montagna chiamata la Niviera di Archibes, confinante con
la via pubblica et aliis».
·
Ed
un atto del 13 aprile 1694, notaio Giuseppe Cannizzo: « Item nivariu noncupata d’Arcibessi, potitam in territorio huius terrae
et contrada dicta d’Arcibessi.»
Neviera Archibès |
Con
arrogante arbitrio la sovrastano, disarmoniche presenze, due antenne radiotelevisive.
1783
A poca distanza è
ubicata la neviera sull'architrave della quale
si legge inciso «1783». La solida struttura è addossata al declivio del
monte e sprofonda per oltre otto metri interamente cavati nella roccia, culminando
con una volta a botte in conci squadrati, chiusa da doppio spiovente,
impermeabilizzato dalle larghe basole di pietra.
Neviera dei Macellai |
Fu attiva
fin nel primo dopoguerra, e vi lavorò, fino al 1915, Giuseppe Gueli (1866-1936)
un esperto delle tecniche di raccolta e conservazione della neve.
Fino a
pochi anni fa sorgeva, proprio accanto, una rustica casetta: forse un edificio
connesso alla lavorazione della neve. La neviera, di recente è stata restaurata
con destinazione di cisterna.
Primosole
Sul fronte nord est
dell'Arcibessi sorge un'altra famosa ed antica neviera, conosciuta con
l'immaginifica denominazione di Primosole.
Mi spiegava un anziano contadino, già nel passato lavoratore delle neviere, che
il nome gli deriva dall'elevazione e dalla posizione, essendo affacciata ad est
verso Palazzolo, da dove la mattina spunta "il primo sole". Era
seconda solo a quella dell'Arcibessi; ed anch'essa di solida costruzione e di
facile utilizzo.
Sul pianoro
che con lieve digradare si estende attorno, si depositava abbondante e soffice
la neve, che i raccoglitori con facilità, (o facendola rotolare o
conficcandola, dopo averla compressa, in un lungo bastone) consegnavano al suo
capiente ventre.
Fu utilizzata per l'ultima
volta nei primi del novecento e poi abbandonata sia per la vetustà della
struttura e sia perché ubicata in una zona meno facile da raggiungere dai
“nuovi mezzi di trasporto”, i carretti, che l'apertura della rotabile per
Ragusa, verso sud, e per Vittoria, verso ovest, rendeva competitivi, rispetto
al tradizionale trasporto a basto con lunghe carovane di muli ed asini.
La struttura e la tipologia
costruttiva, infine, ci rimandano alla prima e più antica fase della «industria
della neve».
Altipiano dell'Arcibessi |
Tratto da:
G. Cultrera,
L'Industria della neve Neviere degli Iblei,
Utopia edizioni, 2001
Le schede,
sulle neviere
sono desunte
del volume sopra indicato.
Nessun commento:
Posta un commento